Dopo aver raccontato nei giorni scorsi le vicende della futura regina Carolina, che proprio nelle vicinanze della Cascata delle Marmore fu sorpresa ad amoreggiare con il valletto Bartolomeo Pergami, fornendo al marito Giorgio IV le prove da lui a lungo cercate per ottenere la separazione, abbiamo pensato di riportare adesso pure i contenuti del suo diario, nell’obiettivo di riconnettere stabilmente questo particolare personaggio alla storia di Terni.

Come molti ricorderanno, Carolina di Brunswick (1768-1821) aveva soggiornato per otto giorni presso la Villa Graziani, in compagnia del suo fedele accompagnatore. Sposata dal 1795 con colui che sarebbe poi divenuto sovrano della Gran Bretagna, la donna era giunta in Italia nell’anno 1814, con l’intenzione di rimanere per qualche anno nel Belpaese e mettersi alle spalle il suo infelice matrimonio.

All’epoca, Carolina ricopriva il titolo di principessa del Galles.

Come era consuetudine al tempo per chi viaggiava, anche la nobile donna pensò di annotare le sue esperienze sulle pagine di un diario, ben intesi, niente di piccante stavolta, ma bensì un’accurata descrizione dei luoghi da lei visitati durante la sua breve permanenza nella valle di Terni, dove si presume essere arrivata nell’anno 1817 (la ricerca è ancora in corso).

In quelle pagine, tratte dall’opera Voyages and travels of her Majesty, Caroline Queen of Great Britain (anno 1821), ci sono soprattutto parole che decantano la bellezza della Cascata delle Marmore, descritta in maniera finanche troppo dettagliata.

Seppur brevi, non mancano tuttavia lusinghieri riferimenti alla città di Terni, come degni di particolare interesse sono i passaggi che chiamano in causa il lago di Piediluco.

La futura sovrana non fece affatto riferimento al suo amante Bartolomeo Pergami, eppure dalle parole riportate sotto è inevitabilmente a lui che corre qualche volta il pensiero, specialmente laddove Carolina racconta delle ore spensierate passate a Piediluco alla valle dell’Eco.

Si ricorda come Carolina, sebbene ripudiata dal marito, e condannata poi per infedeltà al successivo processo a suo carico, sarebbe divenuta nominalmente regina nel 1821, morendo però solo pochi giorni dopo, alla età di 53 anni. Non mancano storici che hanno voluto ricondurre ad un complotto le cause di quel decesso.

Eccoci allora a presentare i brani relativi al suo soggiorno ternano, con la speranza che questa ulteriore testimonianza possa servire da stimolo per successive iniziative volte alla riscoperta del personaggio in ambito locale. Ci siamo limitati a tradurre la parte relativa a Terni, seguono comunque altre pagine dove pure la vicina Narni è descritta.

Di seguito il contenuto del diario della regina Carolina per la parte che a noi sta a cuore :

<<Questa antica cittadina [Terni] non conserva tracce del suo precedente splendore, sebbene possa certamente vantare alcuni eleganti palazzi, e cosa superiore a tutti i palazzi, una situazione delle più affascinanti.

Sopra ai cancelli dell’Anfiteatro c’è un’iscrizione, che informa il viaggiatore del fatto Terni fu il luogo di nascita di Tacito lo storico, e degli imperatori Tacito [Marco Claudio] e Floriano [Marco Annio]. Quali cittadine della campagna hanno l’onore di avere tre uomini così veramente illustri tra i loro nativi!

La principale gloria e vanto di Terni oggigiorno è comunque la celebrata Cascata nei suoi dintorni, che può essere davvero considerata come una delle più nobili e più straordinarie cose di questo genere, non solo in Italia, ma nell’intero universo.

Per godere tutta la varietà di bellezze di questa magnifica e splendida cascata d’acqua, è necessario avere una prima veduta di essa dal lato della collina dietro al fiume Nera. La strada che conduce alla Cascata corre attraverso la valle lungo il fiume, qualche volta riparata dalla montagna che la domina, con i suoi boschetti di pino, leccio e faggio fruscianti sopra, esibendo ad ogni curva un nuovo scenario di rocce, foreste e acque.

A lungo ci si arrampica sui ripidi, arruffati lati della collina, e da una piattaforma naturale, si vede la Cascata davanti, in tutta la sua imponente bellezza e grandezza. Da questo punto si ha anche una vista privilegiata del secondo salto, dove il fiume, schizzando fuori dalla vasca dove è precipitato al primo salto, rotola giù sopra una costa di rocce rotte, in strati di vario carattere e apparenza, e per metà nascoste in spruzzi e schiuma.

Da qui sono prese la maggior parte delle vedute finora pubblicate di questa magnifica cascata, e quando l’abbiamo visitata, c’erano due artisti impegnati a studiarla e fare dei disegni.

È consuetudine consacrare un secondo giorno all’esame della Cascata da sopra, e l’escursione è cominciata dalle prime luci dell’alba. Sebbene muli o cavalli con calesse vengano comunemente noleggiati, se il tempo è bello, ed il viaggiatore è abituato a camminare, potrebbe essere piacevole effettuare questo percorso a piedi. La strada più in alto passa lungo un piano, che presenta una varietà di olivi, viti e campi di granturco, e sale poi la montagna, attraverso un passaggio stretto i cui lati sono ricoperti di vigne sotto, e di alberi di bosso e leccio sopra.

Nella vallata il fiume Nera, di un colore simile al latte, procede a balzi in uno stato schiumoso, attraverso il canale roccioso. Nel centro della gola, si alza un’isolata pendenza, che è sovrastata dalle rovine del paese di Papigno, distrutto dai Francesi.

Salendo ancora più in alto, arriviamo ad un angolo, dove la strada è ricavata attraverso la solida roccia, e formando una terrazza ad altezza elevata, ti fornisce una veduta di Terni e della sua pianura, la vallata sotto, con il Nera, le montagne intorno, con i boschi e lo stesso Velino, ad una distanza considerevole, che schizza fuori dall’ombra, buttandosi giù dal ripido pendio.

La strada segue ancora lungo il precipizio, quindi attraversa una piccola pianura limitata da alte montagne. Si prende quindi un sentiero che ti conduce ad un capanno, piazzato sulla punta di una collina, proprio davanti alla Cascata, e allo stesso tempo così vicino ad essa, che sei occasionalmente coperto con i suoi schizzi. Da questo punto, il magnifico fenomeno può essere osservato con comodo.

A poca distanza dietro alla Cascata, si alzano due colline, di una protuberanza raffinata, coperte con boschetti di lecci. Il Velino scorre vicino ad una di queste colline, ed improvvisamente rotola sopra una costa di rocce rotte, affrettandosi a capofitto in un vasto letto, ed in tre piccoli ruscelli.

Il precipizio è costituito di rocce marroni, i cui lati sono levigati e nudi, formando un semicerchio con bosco sulla destra e sulla sinistra dello scosceso pendio, e piumato con alberi sempreverdi. Da un lato esso discende in un crinale accidentato, e dall’altro cala gradualmente, per poi sprofondare in una valle stretta, lungo la quale il Nera scivola gentilmente, mentre il Velino dopo la sua caduta, rotola attraverso la vallata in una turbolenta agitazione.

Il letto artificiale del Velino è dritto, ma prima di raggiungere questo tratto, il fiume divaga attraverso una fertile pianura, adagiata tra le montagne, estendendosi al lago di Piediluco. Questo bellissimo tratto di acqua, esteso circa un miglio in larghezza, riempie la gola, e serpeggia tra le montagne per alcune miglia.

Dalla Cascata, il lago si raggiunge attraverso un sentiero tortuoso ai piedi della montagna, che termina in una casetta, dove è possibile prendere una barca per giungere ad un ardito promontorio sulla sponda opposta. Da quel punto, si può godere la veduta delle acque, delle montagne ai bordi, dei borghi arrampicati sui loro versanti, del paese di Piediluco, ed alzando lo sguardo dietro ad esso, del vecchio castello di Labro, la cui torre smantellata corona una collina regolare nella forma, mentre le sue mura distrutte corrono in linee lunghe giù verso il declivio.

Qui siamo stati intrattenuti da un eco, il più articolato, il più ritentivo, ed il più musicale che io abbia mai sentito, capace di ripetere perfino un intero verso di una canzone, in un più morbido e lamentoso tono certamente, ma con sorprendente precisione e in modo distinto. Siamo rimasti per un certo tempo sulla punta del promontorio, in parte per ascoltare le melodie di questo incredibile e straordinario cantante, quindi abbiamo attraversato il lago in direzione del paese.

Avremmo volentieri risalito il corso del Velino verso la sua sorgente e visitato Rieti, con la sua valle di Tempe a cui fece allusione Cicero. Ma il giorno era nel suo declino, e sarebbe stato imprudente per noi rimanere arretrati, tra la solitudine della montagna e del suo declivio.

Siamo quindi ritornati indietro, visitando ancora la Cascata, oscillante attraverso una varietà di grotte naturali e caverne nei dintorni formate dall’acqua, e quindi ci siamo affrettati giù dalla collina in direzione di Terni>>.

Christian Armadori

Immagine di Samuel Lane

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