Se sempre più spesso si ripropongono episodi della storia di Terni che narrano avventure di poeti, pittori e nobili giunti in Umbria nel XVIII e XIX secolo per ammirare specialmente la Cascata delle Marmore, in questo articolo ci concentreremo invece sulle vicende lì occorse all’astronomo, matematico e fisico fra Ruggiero Giuseppe Boscovich (Ragusa 1711- Milano 1787), vittima suo malgrado di un antipatico incidente di cui, ancora oggi, capita di leggere sui libri dedicati alle esperienze del Grand Tour.

Diciamo subito trattarsi di un fatto che non fece certo onore alla nostra città, o meglio, non fece onore agli antichi abitanti di Cesi, con i quali lo scienziato dalmata dovette fare i conti a proprie spese, al punto da vedersi danneggiate le apparecchiature di misurazione necessarie ai suoi studi sull’asse della Terra.

Sulla base di una lettera scritta da Boscovich al cardinale Silvio Valenti Gonzaga, che all’epoca era sottosegretario di stato presso papa Benedetto XIV, si scopre come l’astronomo fosse giunto a Terni il 15 ottobre 1750, avendo individuato nella montagna di Torre Maggiore un’altura ideale dove collocare i suoi strumenti di lavoro (si veda Rad Jugoslavenske akademije znanosti i umjetnosti, vol. 185, anno 1911).

Il suo obiettivo era quello di misurare i gradi dell’asse terrestre tra Roma e Rimini, e a tale scopo aveva già posizionato altre simili apparecchiature sulle cime che dominano Soriano nel Cimino, Palombara e sul Monte Soratte. Trattavasi sostanzialmente di alcune travi a sostegno di un telone su cui piazzare i quadranti per la determinazione degli angoli. Era appunto necessario che questi cosiddetti triangoli fossero visibili tra una cima e l’altra.

In maniera di facilitare le operazioni ed evitare contrattempi, il Boscovich si era affidato al marchese Sciamanna, vice-governatore di Terni, affinché si fosse attivato per informare il segretario di Cesi circa i dettagli della missione scientifica,  in modo che i paesani ne avessero avuto consapevolezza.

Il segretario di Cesi, venuto a conoscenza di tale disegno, dettò tuttavia una condizione essenziale, ovvero quella che il Boscovich e la sua squadra si fossero prima presentati a Cesi ed avessero illustrato le loro intenzioni. Scrive l’astronomo:

“Venne ieri la risposta da Cesi al sig. Marchese da quel Segretario, che diceva, che sarebbamo padroni di far tutto, purché passassimo prima per Cesi, e mostrassimo le credenziali”.

Da notare come lo stesso vice-governatore di Terni trovò tale richiesta bizzarra, consigliando comunque al Boscovich di non farci troppo caso. L’astronomo aveva già collocato le apparecchiature sulla vetta il giorno successivo al suo arrivo in città.

Nella corrispondenza dell’astronomo non è specificato cosa accadde poi, il Boscovich si limitò a parlare di “cosa intorbidata”, citando il fatto che nel frattempo non erano arrivati i cavalli promessi con i quali sarebbero dovuti tornare in cima a Torre Maggiore.

E allora dal diario di viaggio del suo collega astronomo Jérôme De Lalande, con titolo Voyage d’un François en Italie fait dans les années 1756 et 1766, che si scoprono i dettagli di quanto purtroppo avvenne. È riportato infatti:

“È sull’altura di Torre Maggiore che padre Boscovich aveva stabilito uno dei segnali dei suoi triangoli, per fissare i gradi della Terra tra Roma e Rimini. I paesani dei dintorni, pensando che volesse fare dei sortilegi, distrussero però il suo segnale, e gli fecero provare più volte gli inconvenienti della stupida ignoranza che regna ancora in queste campagne”.

L’increscioso fatto di intolleranza continuò ad essere riportato pure in alcuni testi scritti negli anni successivi, come ad esempio in Monumenti sabini descritti da Giuseppe Antonio Guattani (anno 1828), e addirittura in un testo spagnolo dal titolo El viagero universal, o noticia del mundo antiguo y nuevo (anno 1801), dove l’episodio venne preso a prestito per dimostrare come “in questo paese della saggia Italia regnasse la più crassa ignoranza”, concludendo poi:

“Se questo fosse accaduto in Spagna, cosa avrebbero detto di noi i sapientissimi Italiani, che ci fanno l’onore di attribuirci la massima ignoranza e barbaria?”

Di sicuro, non fu un buon biglietto da visita per chi arrivava a Terni ammaliato dall’incanto della sua Valle. L’episodio è stato di recente rispolverato da Attilio Brilli nel suo Il viaggio in Italia: storia di una grande tradizione culturale (anno 2006), in cui viene sottolineato come, a dispetto di tanta bellezza, gli eruditi visitatori che giungevano alla Cascata delle Marmore fossero piuttosto prevenuti nei confronti della popolazione locale, alla quale si rivolgevano giusto in cambio di servizi. Si legge:

“All’incanto di una bellezza immobile, di una storia fattasi natura […] s’accompagna, anche in questo ammirato angolo di mondo […] un profondo disdegno nei confronti degli uomini che vi abitano, quali fossero gli inutili relitti di un processo ormai giunto a totale compimento”.

L’incidente occorso a padre Boscovich è un utile esempio a sostegno della tesi. Scrive l’autore:

“L’ignoranza dei montanari di Cesi che, intabarrati nella loro barbarie, distrussero gli strumenti di misurazione di padre Boscovich come se fossero armamentari di magia”.

Sono trascorsi ormai quasi 270 anni da quando il gesuita ha avuto la sfortuna di vedersi distrutti i suoi segnali, e c’è da scommettere che gli stessi abitanti di Cesi si faranno oggi una risata nel leggere del comportamento non proprio illuminato dei loro predecessori.

Molti sono i meriti che la scienza riconosce a Ruggiero Giuseppe Boscovich. Fu il primo a fornire una procedura per calcolare l’orbita di un pianeta, e a lui si deve la formulazione di quella che oggi è chiamata ipotesi Boscovich, alla base della definizione fisica di corpo rigido.

E non solo: l’asteroide 14361 Boscovich prende nome da lui, così come un cratere lunare.

Che si possa forse collocare una lapide sulle alture di Cesi -magari nei pressi dell’osservatorio astronomico di Sant’ Erasmo– in memoria dell’illustre intellettuale?

Sarebbe un buon modo per scusarsi oggi con Boscovich e per ricordare nel tempo questo particolare episodio della storia di Terni.

Christian Armadori

 

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